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Napoli: la città che resta nel cuore

Napoli è fatta di emozioni, memorie e senso di appartenenza, anche a tavola. Quando la si lascia, si sente la mancanza del cibo e della storia che tramanda. Si sente la mancanza delle voci intrecciate la domenica a pranzo.  

La tavola diventa così un ponte tra passato e presente, dove le tradizioni si rinnovano grazie alla comunità, perché l’ingrediente segreto siamo noi.  

5 tavole, 5 storie da scoprire

A Napoli, abbiamo apparecchiato 5 tavole IKEA in luoghi significativi. In ognuna, l’ingrediente segreto sono le storie che vi nascono intorno, tutte diverse, speciali e in grado di raccontare un modo unico di stare insieme. E tu dove sei seduto? Leggi le storie di tutte tavole.

Un tavolo che profuma di caffè  

La storia di una tradizione che dura nel tempo

La storia di una tradizione che dura nel tempo

A Napoli non serve imbandire una tavola per ritrovarsi, basta un caffè. Qui è un rito ma più spesso solo un pretesto, un gesto quotidiano che tiene insieme generazioni e vicoli: può nascere in cucina, con la moka che borbotta, o al bancone di un bar pieno di voci e cucchiaini che tintinnano. Il tempo di un caffè è breve, ma dentro ci sta di tutto: le parole, i ricordi, i sorrisi. Ci sono le persone, con vizi e abitudini.

Piazza della Sanità​
Piazza della Sanità​

La tradizione del caffè sospeso — lasciarne pagato uno per chi verrà dopo — è ancora un segno forte di fiducia e solidarietà; a tenerla viva oggi ci sono nuove torrefazioni, piccoli laboratori con giovani baristi che sperimentano miscele e tecniche. Il nuovo che incontra quello che a Napoli è un linguaggio universale; se ogni sorso di caffè dice “ti vedo”, “ti penso”, “ti aspetto”, a renderlo un momento vero e fuori dal tempo non è la miscela: l’ingrediente segreto siamo noi. 

Il tavolo al mercato

Galleria Umberto I

La storia di una frutteria a Napoli​

A Napoli, la tavola può nascere ovunque: su un banco da frutta, all’ombra di un vicolo, tra cassette di pomodori maturi e mazzetti di basilico. Basta una pentola sul fuoco e la voglia di cucinare insieme perché la strada diventi una cucina.

Ogni martedì pomeriggio, nei Quartieri Spagnoli, una frutteria si trasforma in un laboratorio di sapori e storie. Il banco si riempie di taglieri e pentole: si pelano patate, si soffriggono cipolle, si mescolano spezie arrivate da lontano. C’è chi cucina, ma c’è anche chi assaggia. «Avanti signori, c'è un posto per tutti!» esclama qualcuno, mentre un’altra voce aggiunge, ridendo: «E chi non assaggia non sa cosa si perde».  

Studenti in Erasmus, giovani napoletani e persone arrivate da poco in città portano ciascuno un ingrediente o una ricetta, e la tradizione partenopea si arricchisce di gusti nuovi. Non serve un invito: chi passa, si ferma. Il profumo del sugo fatto in casa si intreccia alle risate e ogni piatto diventa il racconto di un incontro. 

A Napoli anche una frutteria può diventare casa. Quando sappiamo trasformare una tavola, anche la più improvvisata, in un luogo di incontro e accoglienza, l’ingrediente segreto siamo noi. 

Galleria Umberto I

Il tavolo che si sposta

La storia dello street food napoletano​

A Napoli, la tavola non sempre ha quattro gambe: può essere il marciapiede di via dei Tribunali, il muretto del lungomare Caracciolo o il bordo di una fontanella in piazza del Gesù. Lo street food è il collante: cartocci di pizza fritta, crocché e frittatine di pasta fumanti. Tra un morso e l’altro, ragazzi, turisti e pensionati si mescolano senza formalità.

Rotonda Diaz​

La tavola è stata ideata in collaborazione con la designer Elena Salmistraro, unendo soluzioni di arredamento IKEA e grafiche esclusive firmate dalla designer. *I tessili con elementi grafici firmati da Elena Salmistraro non sono disponibili per l’acquisto. 

Rotonda Diaz​

Oggi, però, accanto alla tradizione, si fa spazio una nuova generazione: tanti ragazzi hanno aperto piccole botteghe o preso in mano vecchi locali. Accanto ai classici cuoppi, spuntano versioni leggere con verdure, frittatine con provola e zucchine, panini al soffritto o alla genovese, dolci monoporzione che giocano con babà e pastiere. C’è chi reinterpreta la pizza fritta con farine diverse, chi riempie i cuoppi di pesce azzurro o polpette vegetariane. È un mix di creatività e tradizione che rende lo street food ancora più vivo.

Così, tra chi racconta aneddoti dei nonni e chi inventa nuove ricette, il tavolo continua a spostarsi ma non perde mai la sua anima. Perché, alla fine, l’ingrediente segreto siamo noi. 

Rotonda Diaz​

La tavola che unisce 

Rotonda San Martino​
Rotonda San Martino​

La storia dell’Associazione L’altra Napoli Ente Filantropico ​

A Napoli, a volte la parte più bella di un’esperienza legata al cibo comincia ancora prima di sedersi a tavola. Succede da Altra Napoli Ente Filantropico, dove gli spazi sono stati ripensati per essere accoglienti: locali riqualificati, colori caldi, luci morbide.

Qui i bambini trovano un ambiente ordinato e curato, che fa sentire coccolati. Durante una merenda dedicata ai Piccoli Cantori di Forcella, dopo un concerto alla Casa della Musica, attorno al tavolo si crea una comunità semplice e vera.  

Rotonda San Martino​

I bambini diventano protagonisti, e insieme a loro siedono educatori, volontari, genitori e insegnanti. Si chiacchiera, ci si ascolta, si ride, si mangia. Il messaggio è chiaro: “Qui c’è posto per tutti, si impara insieme, si cresce insieme”.  

A rendere speciale il momento non sono i discorsi seri, ma il piacere di condividere: gli adulti si lasciano trascinare dall’energia dei piccoli, e a volte basta un morso rubato a una fetta di torta per sentirsi parte dello stesso gruppo. Perché alla fine, con il modo semplice e gioioso in cui sappiamo stare insieme, l’ingrediente segreto siamo noi.  

La tavola in musica 

La Niña

Napoli è una città dove ogni gesto ha un suono e ogni suono racconta una storia. La tavola – oggetto centrale della casa – diventa simbolo di memoria collettiva e spazio emotivo, suonata, vissuta e abitata.

​​La Niña a capotavola, interpreta la tavola non solo come luogo di incontro, ma come strumento vivo, capace di trattenere il suono dei corpi, dei gesti, delle relazioni.​Il ritmo nasce da ciò che è quotidiano: azioni comuni che, nella loro ripetizione, si trasformano in musica. ​​Una riflessione su come gli oggetti di casa – una tavola in particolare – possano custodire tracce, ricordi, relazioni.​​ Perché anche quando la stanza si svuota, i suoni restano.

 

Palazzo San Felice ​

A Napoli, ogni gesto ha un suono e lo strumento principale della casa è la tavola: non un semplice mobile, ma uno spazio vivo che trattiene il suono delle tazzine che sbattono, delle risate che volano e dei silenzi che parlano. La racconto come un palco su cui la quotidianità diventa musica: un'orchestra di legno che suona una sinfonia fatta di persone, di gesti e di ricordi. Una melodia che resta anche quando la stanza si svuota. 

Palazzo San Felice ​

LA CANZONE

Un perimetro che vibra, un palcoscenico di vita quotidiana.  Attorno a una tavola si compone, giorno dopo giorno, la melodia delle nostre giornate: le voci, i rumori, i gesti – piccoli e ripetuti – che si intrecciano fino a diventare ritmo.  Ogni casa ci somiglia. Ogni tavola ha il suono unico di chi la abita.  E così, anche quando il pranzo è finito, ogni voce, ogni mormorio, ogni canto lascia un residuo invisibile nell’aria.  Così come i canti del passato continuano a cantare.  Il chiacchiericcio dolce di una sera d’estate continua ad accadere anche quando quella sera non è più adesso.  La tavola, allora, non è solo un mobile. È memoria che suona, è ascolto e silenzio, è un accordo fatto di voci, tintinnii, presenze. Un luogo dove si incontrano gli oggetti e le persone, le pause e le emozioni, portando – in un cestino del pane – il mondo intero. 

La tavola è un archivio: custodisce chi siamo stati, racconta chi siamo, raccoglie speranze su chi saremo. Tiene saldi i legami, fa compagnia ai nostri silenzi, mette in scena l’amore, le tradizioni, le abitudini: come un’orchestra che le dà sempre nuovi suoni da ascoltare e conservare, l’ingrediente segreto siamo noi.