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Dall'Iraq alla Svizzera: scopri la storia di Aya

Mi chiamo Aya, ho 27 anni. Nel 2009 io e la mia famiglia abbiamo lasciato il nostro paese d'origine, l'Iraq, e siamo andati in Siria. Dalla Siria siamo scappati in Turchia. Ora ci siamo stabiliti in Svizzera.

Un ritratto sorridente della rifugiata irachena Aya Abdullah, con orecchini d'oro su sfondo nero - IKEA.
In Iraq ho avuto un'infanzia normale. Ricordo che le persone si volevano bene e vivevano in pace. Ho dei bei ricordi del mio paese d'origine, ma con l'arrivo della guerra, tutto è cambiato.

AyaSostenitrice UNHCR

Mio padre decise di fuggire a causa di numerosi eventi che sono avvenuti contemporaneamente, tra cui un allarme bomba nella mia scuola. Fu in quell'occasione che mio padre disse: "Ora basta. Non possiamo più stare qui".

Quando abbiamo lasciato l'Iraq per la Siria, speravamo che quella fosse la nostra destinazione finale e diventasse la nostra seconda casa. Tutto andava bene. Io e i miei fratelli ci siamo iscritti a scuola e riuscivamo a comunicare con le persone del posto nella nostra lingua.

Purtroppo la guerra ci ha inseguiti di nuovo e abbiamo dovuto lasciare la Siria. Dopo essere fuggiti in Turchia, ci siamo finalmente stabiliti in Svizzera.

Per me la casa è il luogo a cui sento di appartenere, in cui mi sento accolta e al sicuro, e dove c'è la mia famiglia.

AyaSostenitrice UNHCR

Ricevere per restituire

Le situazioni che ho vissuto mi hanno fatto crescere in fretta. Avevo la responsabilità di aiutare la mia famiglia e la comunità in cui vivevo. Quando ero in Siria avevo solo 14 anni. Sono diventata volontaria per aiutare i rifugiati come me che avevano difficoltà di integrazione. Ho continuato a fare volontariato anche in Turchia.

La rifugiata irachena Aya Abdullah parla al Global Refugee Forum.

Crediti: © UNHCR/Andrew McConnell

Poi il destino mi ha portata all'ufficio dell'UNHCR, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Quando hanno saputo che parlavo diverse lingue, mi hanno offerto l'opportunità di entrare a far parte dell'organizzazione.

Sono grata per quello che è successo, perché mi ha permesso di diventare l'Aya di oggi. Se non avessi affrontato tutte queste difficoltà, non credo che sarei la stessa persona che sono oggi. 

Quando ho iniziato a lavorare in Turchia, il mio obiettivo era dimostrare alle persone che i rifugiati sono esseri umani normali, dotati di competenze, energia e capacità, e che possono cambiare il mondo in meglio.

AyaSostenitrice UNHCR

Rifarsi una vita in Svizzera

Quando sono arrivata in Svizzera mi sentivo depressa. Avevo tanti problemi psicologici a causa delle esperienze che avevo vissuto. Ho pensato che lì non ce l'avrei fatta, che non sarei rimasta in Svizzera.

Ritratto della rifugiata irachena Aya Abdullah mentre parla da un palco.

Crediti: © UNHCR/Jean Marc Ferré

Poi, all'improvviso, sono stata contattata sui social media da una persona che si chiamava Emily, che viveva a Ginevra e diceva di volermi aiutare. Voleva conoscermi. Abbiamo bevuto un caffè insieme e quell'incontro mi ha dato l'opportunità di dare una svolta alla mia vita. 

Emily mi ha aiutata a capire come potevo iscrivermi all'università. Sono stata accettata e quest'anno mi laureerò con una doppia specializzazione. Questo mi ha dato la speranza di poter rimanere in Svizzera e di avere un futuro qui. 

Si pensa erroneamente che i rifugiati siano alla ricerca di condizioni di vita ed economiche migliori. Tuttavia, il motivo principale per cui fuggiamo dai nostri paesi è la ricerca della sicurezza e della sopravvivenza, che sono diritti umani essenziali.

AyaSostenitrice UNHCR

I rifugiati: persone come tutte le altre

Vorrei che le persone sapessero che tutti hanno un potenziale, indipendentemente dal loro status o dalle identità che non hanno scelto. 

Voglio che le persone mi vedano come una giovane donna che sta cercando di crearsi un futuro migliore, nonostante tutte le vicissitudini che ha dovuto affrontare. Voglio che mi vedano come qualcuno che sta guidando una comunità, non solo come una vittima.

Sono davvero orgogliosa di me stessa. Ora sto dimostrando al mondo che noi esistiamo e voglio ringraziare l'UNHCR e tutte le organizzazioni che lavorano con i rifugiati per aver contribuito a far sentire le nostre voci.

Avverto la responsabilità di dare voce a chi non ha voce e ai milioni di rifugiati in tutto il mondo che vorrebbero parlare delle loro esperienze.

AyaSostenitrice UNHCR

Crediti fotografici di questa storia, nell'ordine:

© UNHCR/Antoine Tardy

© UNHCR/Andrew McConnell

© UNHCR/Jean Marc Ferré